giovedì 17 gennaio 2013

PAESAGGIO DELLA VALLE DELL’ARNO


Paesaggio della Valle dell’Arno
1473, Tecnica mista su carta, 19,5x28,5 cm.
Firenze, Uffizi, Gabinetto dei disegni e delle stampe.

Il foglio è di importanza considerevole: è il primo documento incontestato della attività dell’artista. La scritta è speculare, secondo il suo uso, e la scrittura non è umanistico-corsiva, ma mercantesca.
Non è data informazione del luogo, riferibile certamente alla Valle dell’Arno.

Prospettiva aerea
Leonardo si riallaccia alle esperienze della prospettiva geometrico-lineare della tradizione fiorentina, specialmente per le architetture e per il paesaggio urbanizzato, ma sviluppa una nuova prospettiva aerea per il paesaggio naturale, come quella propria per la pittura nordica, che tiene conto delle gradazioni di colore e della luce, determinate dalla profondità spaziale. L’occhio di chi guarda si sposta all’interno della rappresentazione e coglie anche certe variazioni che il mezzo atmosferico produce nella realtà. Non c’è per lui visione di oggetti o di paesaggi che non tenga conto della presenza dell’atmosfera e delle variazioni della luce, che si intensifica e diminuisce con paesaggi che conferiscono plasticità agli oggetti e creano lontananze. Piuttosto che a costruire prospettive, il grande artista mira a creare illusioni prospettiche.



Paesaggio della Valle dell’Arno

Poco più che ventenne, da poco immatricolato come pittore, Leonardo continua a frequentare la bottega del Verrocchio, come dimostra il suo impegno nella stesura del Battesimo di Cristo (1473-1476). Proprio la rappresentazione del paesaggio (si veda quello dipinto sopra i due angeli del Battesimo) doveva essere stata argomento di discussione tra gli artisti che frequentavano la bottega, tra i quali Sandro Botticelli. In questo disegno del 1473 Leonardo studia la rappresentazione di un paesaggio fluviale con poggi rocciosi in primo piano e campi aperti in lontananza. Dal poggio rappresentato in basso a destra l’occhio corre verso l’alto dove le rocce si dispongono in semicerchio, coperte di alberi e cespugli; torniamo poi giù con il tuffo della cascata, le cui acque si gettano nell’ansa del fiume che prosegue il suo corso, sovrastato a sinistra da un picco roccioso su cui si erge un castello. Qui la vista si proietta in una nuova direzione, più lontana, secondo le linee indicate dalle divisioni dei campi che ci guidano, alcune decisamente a sinistra, altre più verso il centro. In lontananza, sulla destra, l’orizzonte si chiude su varie colline tracciate con segno leggero.

1 commento:

  1. Ciò che spesso unisce i geni è la ricorsività. Il moltiplicarsi dell’immagine di un oggetto posto tra due specchi piani paralleli è una tipica situazione ricorsiva. Effetto ottico che i geni, in vari modi, ricreano nelle loro opere. Situazione propizia dal punto di vista intellettuale ma pericolosa dal punto di vista psicologico. Leonardo che progettò una stanza degli specchi sembra essere stato un perfetto ambidestro, con una naturale scrittura speculare. La ricorsività, la specularità è legata all’intelligenza, e si ritrova nelle sue manifestazioni, sovente in quelle artistiche. Leonardo da Vinci e Michelangelo Buonarroti, anche lui parzialmente ambidestro, ebbero un’intelligenza simile e simile fu anche il loro volto nella maturità. Cfr. Ebook (amazon) di Ravecca Massimo. “Tre uomini un volto: Gesù, Leonardo e Michelangelo” . Grazie.

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